PAROLE CHE PARLANO/177

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Poesia


Come potrebbe essere definito un poeta? Come un individuo ricco di immaginazione e di sentimento che spende il suo tempo a scrivere versi, forse segno di un eccesso di fantasia o di incapacità nelle attività pratiche? Quindi, visto che cambiare una lampadina o la guarnizione di un tubo che perde è troppo prosaico, sarebbe inutile chiederlo a un poeta? La cosa interessante è che il termine poesia deriva dal greco poiein, che incredibilmente significa fare, produrre. Non esiste persona che non sappia darsi da fare o che non possieda emozioni e sentimenti che desidera comunicare, esternare. Stupirsi davanti alla bellezza di un tramonto o ad altre meraviglie della natura, chiedersi il perché dell’esistenza, nutrire amore verso un individuo o verso il prossimo, soffrire con chi soffre sono moti dello spirito insiti in ogni essere umano, fin dalla nascita, direi. Prima ancora della scrittura, ci racconta la storia umana, la poesia è nata proprio come un’esigenza primaria. Gli aedi, i cantastorie del passato, univano la poesia al canto e portavano ovunque, ben accolti, il loro saper fare, le loro composizioni.
Fare poesia, imparare cioè a trovare le parole per esprimere il proprio animo, non dovrebbe quindi essere prerogativa di pochi eletti, ma di tutti quelli che vivono anche di sentimenti, e non solo di idraulica o elettricità; sperando, ovviamente, che chi si autodefinisce poeta, quasi fosse un’investitura divina ed esclusiva, non sia così borioso da guardare dall’alto in basso chi con umiltà si cimenta in quest’arte del fare, senza pretendere allori e riconoscimenti.
Rubrica a cura di Dino Ticli
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